immagine_eventoSonia Caporossi, che Fantalica ospiterà sabato 13 settembre 2014 alle ore 18.30 per “Incontri con l’autore”, è quella che potremmo definire un’artista totale. Musicista (è la bassista dei Void Generator, gruppo di rock psichedelico che ha all’attivo tre dischi per la Phonosphera Records e un quarto in cantiere), narratrice e poetessa, si rifà a una visione dell’arte profondamente sociale, come comunicazione ed estroflessione, “messaggio che racchiude in sé l’esemplarità catartica di tutta una vita”. I suoi numi sono Gadda, Manganelli, Morselli, Campana, Zanzotto; i suoi campi d’interesse: la critica letteraria, l’estetica filosofica e la filosofia del linguaggio. Insieme ad Antonella Pierangeli, cura il blog Critica Impura. Ha pubblicato numerosi articoli cartacei e online e, per la Corrimano Edizioni di Palermo, neonata casa editrice aperta alle scritture sperimentali e innovative, l’antologia di racconti Opus Metachronicum. A Fantalica presenterà proprio quest’ultimo lavoro, nella forma del reading musicale (insieme ad Antonella Pierangeli, autrice della prefazione, e Andrea Moriconi, chitarrista e compositore).

Perché non mancare a questo appuntamento?

Per partecipare a una presentazione coinvolgente e diversa dal solito.

Per conoscere una scrittrice dallo stile originalissimo e un’intellettuale fuori dagli schemi.

Per incontrare delle stralunate e perturbanti versioni di Dorian Gray, Pasolini, Jack lo Squartatore, Van Gogh e molti altri.

Per condividere, prima di un aperitivo insieme, dei pezzi di buona letteratura come questo:

Fiero, incravattato con il giogo del collare di perle rosso e viola lasciatogli addosso da un precedente padroncino fedifrago e noncurante, polpastrelli olivastri per il contatto con il putrido asfalto e per la frequentazione assidua della bettola felina del cassonetto, ma di certo una volta rosei come la pelle di un maialino. Guarda di qua, guarda di là: niente lo sfiora. La coda abbandonata sull’alluminio, incavando gli arti come sull’orlo di un baratro senza fondo, sereno, gli occhi infossati e distesi, di un puro oro profondo. Arruffato e maldestro, cerca un appiglio da cui potersi gettare. Freme. È il collare la causa del suo miagolare iracondo. Un piccolo sterpo si è conficcato fra il collo e la cinghia impedendogli di voltare il capo. Si agita come impazzito, ora. Teme di schiantarsi nell’immondizia, teme di non saper come fare, teme persino il suo stesso temere. Le zanne bianche digrignate lo proteggono dalla propria paura; fa il cattivo, chissà quante mosche avrà cacciato in vita sua. Non c’è la possibilità di poterlo toccare, gli passo davanti e si nasconde, soffia inferocito ed allarmato, mi offre il pennacchio da sanculotto di quella coda rivoluzionaria, lo ripiega all’indietro e allora noto il ciuffo terminale, appeso lì nella canicola, senza uno scopo, come se quello spauracchio di insetti e nuvole non facesse parte del suo corpo. Mi fa tornare in mente certe vacche indiane al pascolo disposte in semicerchio intorno al pastore, intente a schiaffeggiare col frustino posteriore qualche ardito calabrone (…)

 (dal racconto P. P. P.)

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