I corsi di scrittura procedono via zoom e, nonostante connessioni ballerine e telecamere che “freezano”, stanno andando bene. Certo, potremmo raccontarvelo, ma rischieremmo di scadere nella retorica (e non in senso positivo). Quindi, Lettera 22 preferisce affidarsi al principio narratologico dello “show don’t tell” e, con il racconto ” TAPPETO VOLANTE ” del nostro corsista del primo modulo Lorenzo Val, vi mostra come le nostre attività procedono a pieno regime. Anche se aspettiamo con ansia il momento di poterci rivedere.

Oggi eri al mare.

Da sola stesa sul tuo telo. Probabilmente l’hai comprato a un mercato in periferia, uno di quelli che profumano di incenso e pelle. Ha un enorme mandala al centro, sfondo blu notte e disegno celeste. Sui bordi piccole nappine che mi ricordano quelle del tappeto volante di Aladdin.

Sei stesa con i gomiti ben piantati nella sabbia.

Leggi un libro che io avevo iniziato qualche anno fa e che non avevo capito.

Più per colpa dell’autore che mia. Credo.

Hai i lunghi capelli castani raccolti sotto un cappello bianco di paglia; la tesa larga che si appoggia sul bordo alto del libro lasciandoti in ombra tutto il viso.

Il top del costume verde che indossavi quando sei arrivata è arrotolato dentro la borsa.

Quando ti ho visto slacciartelo ho abbassato lo sguardo e mi sono resa conto che io non potrei mai.

Mi sono sdraiata e addormentata guardando i pini che sorvegliano la baia dall’alto e quando ho riaperto gli occhi non c’eri più.

Sull’asciugamano il libro, aperto e a faccia in giù, il cappello a nascondere la borsa e le nappine sepolte nella sabbia.

Mi sono messa a sedere e ho tirato su gli occhiali da sole sopra la testa.

Ogni volta che lo faccio mi ricordo quando da bambina mi mettevo il cerchietto tra i capelli che si schiacciavano e sembravano magicamente ordinati.

Guardo verso la riva e ti vedo uscire dall’acqua.

Vai verso il tuo asciugamano strizzandoti i capelli e lasciando alle tue spalle gocce di sabbia bagnate.

Mi guardo intorno.

Nessuno sembra osservarti, ma sono sicura che tutti sanno che ci sei.

Mentre abbasso gli occhiali da sole sento la pelle della fronte che mi tira.

Mi giro a pancia in giù per guardarti meglio mentre tiri dritto, superando l’asciugamano, verso l’unica doccia della spiaggia.

Ti squadro la schiena nuda e le gocce che si stanno rapidamente asciugando lasciando leggeri aloni di sale.

Sei ancora in coda mentre sento la voce di mio figlio che mi chiama.

Sta giocando a racchettoni con mio marito sulla battigia.

Mi metto a sedere e li saluto agitando una mano. Poi mi sdraio di nuovo.

I pini sono sempre lì.

La tentazione di slacciare il top del costume è tanta, ma lascio il fiocco lì dov’è.

Due gabbiani planano verso l’acqua.

 

Non ti ho più guardato fino a che non siamo andati via.

Mentre stringevo la mano di mio figlio tu eri ancora lì, con il tuo libro e il cappello di paglia bianco.

 

Lorenzo Val
Laboratorio “LETTERA 22”