Rubrica:
Un Racconto al mese


AUTONOMIA

di Corrado Pinosio

Da un mercato in cui si vendevano pesci e animali partì una misteriosa pandemia che si diffuse su scala planetaria. Un paese particolarmente colpito dichiarò lo stato di emergenza e, per contenere la diffusione del contagio, istituì delle zone rosse vietando nelle stesse l’ingresso e l’uscita dei cittadini. Ben presto le procedure di quarantena vennero estese a tutto il territorio nazionale con la chiusura delle attività pubbliche e private fatta eccezione per i supermercati, farmacie e attività fornitrici di beni di prima necessità. Eppure, dopo sei mesi, l’epidemia non dava segni di rallentamento e continuava imperterrita a decimare la popolazione.

Il Presidente della Repubblica, data la gravità della situazione, ordinò l’istituzione di una unità di crisi che comprendesse esponenti del governo e dell’opposizione. Nella prima riunione e in un contesto drammatico, il Presidente del Consiglio propose l’adozione della più estrema delle misure draconiane.

«Onorevoli colleghi, da sei mesi il paese è fermo. Abbiamo chiuso scuole, fabbriche, chiese, banche, uffici pubblici e privati e gran parte dei supermercati con il sistema delle consegne a domicilio. Abbiamo bloccato tutti i tipi di trasporto e ormai per le strade non c’è più nessuno. La popolazione, dopo un periodo di confusione, ha rispettato le norme emanate, eppure la situazione peggiora e l’epidemia sembra inarrestabile. È chiaro che occorrono disposizioni più stringenti e per questo motivo, dopo aver consultato il comitato tecnico scientifico, avanzo la proposta che il distanziamento sociale sia accompagnato anche da severe misure di distanziamento sessuale. Sarà possibile avere rapporti purché sia osservata la distanza di sicurezza di un metro.»

Un brusio accolse le parole del Presidente e molti si scambiarono sguardi interrogativi. Il leader dell’opposizione, colto di sorpresa, chiese la sospensione del dibattito per consultare il suo gruppo.

  «Non possiamo farci scavalcare dal governo» disse ai suoi in tono perentorio. «Occorre presentare una controproposta più forte. Per questo ho pensato al divieto assoluto dei rapporti sessuali.»

«È un errore» sostenne un esponente dell’ala radicale. «La linea politica del partito è storicamente imperniata sull’esaltazione della virilità. Un provvedimento simile avrebbe l’effetto di disorientare il nostro elettorato.»

«Ti sbagli, il principio della virilità non viene affatto superato» replicò un esponente della corrente moderata. «Semplicemente viene convogliato in altra direzione, ma l’obiettivo rimane lo stesso.»

Poiché lo scontro fra falchi e colombe stava prendendo una brutta piega il segretario elaborò una sintesi che accontentò tutti.

«Manteniamo la proposta del divieto dei rapporti, accompagnata però dalla pena della castrazione per i trasgressori. In questo modo appaghiamo a nostro vantaggio l’anima forcaiola del paese.»

Tornò in aula e dopo aver criticato le tardive e insufficienti misure governative, formulò la severissima proposta.

In sala si fece il gelo.  Poi il leader della principale forza di governo prese la parola.

«Non possiamo portare il paese verso una deriva autoritaria. La proposta delle opposizioni è irresponsabile e può fomentare una pericolosa rivolta sociale. Qui è in gioco la tenuta delle istituzioni democratiche.»

La discussione fu aspra e a tratti violenta. Prima della votazione le opposizioni chiesero un’audizione del comitato tecnico scientifico. Un pool di virologi, immunologi ed epidemiologici spiegò che non era pienamente assicurata l’evidenza scientifica dei provvedimenti poiché in materia esisteva una scarsa letteratura clinica. Tuttavia occorreva tentare perché non rimanevano alternative.

Poi fu il turno dei sessuologi che sottolinearono le difficoltà a reprimere l’istinto all’accoppiamento della razza umana. Anche loro però avallarono le misure ma, per favorire il successo dell’operazione, invitarono il governo ad attivare un’intensa campagna pubblicitaria di esaltazione dell’autoerotismo.

Al termine del dibattito, dopo che ogni leader fece appello alla responsabilità nazionale, le proposte vennero approvate all’unanimità in quanto apparivano come l’ultima spiaggia.

Si diede mandato al governo di varare il decreto esecutivo e il Presidente del Consiglio tenne una conferenza stampa per diffonderne il contenuto. Andò in onda a tarda notte per escludere i minori e la visione fu sconsigliata ai cardiopatici e alle persone vulnerabili sul piano emotivo.  Il Presidente spiegò ai cittadini che, data la gravità della situazione, bisognava contenere per qualche tempo un bisogno insopprimibile della natura umana e che comunque c’erano dei sistemi per rendere il sacrificio meno gravoso.

«Devo fare tutto da solo, come sempre» questa fu la sintesi del discorso presidenziale recepita dal popolo.

Il decreto doveva entrare in vigore dopo tre giorni e in quell’intervallo di tempo le camere e anche gli ascensori del paese furono messi a ferro e fuoco. Poi iniziò il rigore.

Della questione si occupò anche il Vaticano e fu convocata una sessione straordinaria della Congregazione per la dottrina della fede, incaricata di definire una linea comune nella complessa materia dogmatica e morale. Anche qui si aprì uno scontro feroce tra i conservatori che esaltavano il valore della castità e i progressisti che auspicavano delle riforme aperte a costumi meno severi. Il Cardinale prefetto a capo dell’istituzione riuscì a evitare la degenerazione del dibattito in rissa ricordando che entrambe le teorie miravano allo stesso risultato: la salvaguardia della vita umana. Non venne diramato nessun comunicato ufficiale in attesa che sulla delicata controversia si esprimesse una commissione dottrinale internazionale appositamente costituita.

Intanto le autorità proseguivano con fermezza nella strategia. Per scoraggiare gli accoppiamenti il Ministero della Sanità e quello dell’Educazione misero a punto degli spot pubblicitari che evidenziavano la gravità di alcune malattie veneree. Inoltre vennero diffusi da tutti i mezzi di comunicazione dei programmi miranti a rimuovere false e radicate credenze circa la cecità provocata da certe abitudini. Ovviamente raccomandarono l’utilizzo dei guanti e il lavaggio delle mani prima e dopo l’esercizio delle relative pratiche.  Allo scopo vennero messi in commercio speciali guanti porosi e con nervature che, richiamando la pelle umana, esercitavano una stimolazione più efficace degli organi interessati.  Le televisioni di stato chiesero ai divi e dive del cinema di esibirsi a tarda sera, ovvero il momento più insidioso della giornata, in spettacoli piccanti che polverizzarono tutti gli indici di ascolto. Anche i divi del porno diedero un fattivo contributo dimostrando attraverso dei tutorial diffusi sul web che la semplice imitazione dell’amplesso, fatta con la dovuta convinzione, era in grado di far esplodere piaceri di sublime intensità. Gli scienziati si spinsero oltre esibendo prove attestanti che l’orgasmo poteva essere raggiunto anche alla distanza di parecchi metri soltanto scambiandosi sguardi pregni di significato.

Il Ministero dell’Interno non fu da meno. Perfezionò un capillare sistema di controlli attraverso delle piccole telecamere distribuite dalla protezione civile che i cittadini dovevano installare per disposizione di legge. Fu mobilitato l’esercito che, opportunamente addestrato da un pool di sessuologi, si rivelò presto in grado di valutare, attraverso particolari strumenti di ascolto a distanza, se certi mugolii provenienti dalle case fossero di natura individuale, di coppia o addirittura collettiva. Tutte le norme della privacy vennero superate e i militari furono autorizzati a intervenire cogliendo molti cittadini di sesso opposto o dello stesso sesso in flagranza di reato. Uno stimato professore di diritto in pensione vide dei reparti speciali irrompere nel suo studio mentre partecipava a un’ammucchiata in videoconferenza.

Perfino un governatore che da anni chiedeva l’autonomia per la propria regione giudicò positivamente le norme; non era certo l’autonomia che aveva sperato ma reputò comunque i provvedimenti un passo nella direzione giusta. Fu proprio lui che, in un impeto di protagonismo, inventò l’hashtag #dasolièmeglio, divenuto presto popolare quanto #iorestoacasa e #andràtuttobene.

I sindaci diedero il meglio di se stessi emanando ordinanze che proibivano canti, inni e musiche dai balconi. Al posto di queste inutili prestazioni sollecitarono le donne più avvenenti del paese a esibirsi a determinate ore in eccitanti strip in lingerie. Poi toccava agli uomini. Questi interventi furono molto apprezzati: tutti partecipavano con dedizione, in qualche caso senza rispettare i turni assegnati.

Tra le amministrazioni di diverso orientamento politico si scatenò una proficua concorrenza che ampliò l’offerta fino a coprire qualsiasi gusto. Si esibivano ninfette, boys muscolosi, uomini brizzolati, nani, donne di mezza, signore mature, vedove e, per gli amanti del genere, anche le nonne.

Vennero riaperti i sexy shop, inseriti dal decreto fra le attività essenziali, e i clienti trovarono con sorpresa strumenti per la soddisfazione sessuale dotati di speciali prolunghe e frustini dal manico di ottanta centimetri. Grande apprezzamento incontrarono le nuove mascherine; ce n’erano di pizzo, di seta nera, color carne, con i fiocchetti e leopardate.  Le più ammirate furono quelle che, studiate per soli maschi ma dedicate in prevalenza al pubblico femminile, presentavano all’altezza del naso una protuberanza dalla foggia inequivocabile. Questo fu il frutto di un’intesa fra sindacati e Confindustria che stipularono dei contratti collettivi per la riconversione produttiva di aziende strategiche per la lotta al virus.

In quei giorni lo spirito patriottico del paese raggiunse il più alto grado della sua storia e per la prima volta la solidarietà sembrò cementare un vero spirito di comunità nazionale. A parte alcuni casi, come un’orgia scoppiata durante una festa di laurea sedata dai vigili del fuoco con gli idranti, la gente reagì a questa durissima prova in modo costruttivo, scambiandosi messaggi, foto e video pronti all’uso in caso di emergenza.  Alcuni addirittura erano contenti, anche se non osavano confessarlo. Gli uomini di una certa età per esempio, videro spalancarsi un mondo sotterraneo pieno di soddisfazioni, finalmente libero dall’ansia di prestazione. Spesso la pratica solitaria non sortiva gli effetti desiderati, ma in assenza di testimoni non era più necessario ricorrere alle umilianti giustificazioni legate alla stanchezza e alle preoccupazioni.

Anche molte donne trassero giovamento dai nuovi provvedimenti e si sentirono più oneste con mariti e amanti non dovendo ricorrere a mortificanti bugie.

Per gli adolescenti il nuovo corso non determinò particolari cambiamenti dello stile di vita.  Continuarono indifferenti nelle pratiche a lungo collaudate.

Dopo solo due settimane risultò chiaro che i provvedimenti funzionavano perché la curva dei contagi cominciò ad appiattirsi. Il Ministro della Sanità invitò la popolazione a non abbassare la guardia e a tenere duro, espressione che provocò non pochi dubbi interpretativi. Purtroppo però nel paese cresceva la tensione sociale e una delle categorie più colpite si riversò nelle piazze in segno di protesta e sfida alle autorità. Le prostitute, beneficiate fino a qualche settimana prima da un florido mercato, chiedevano che fossero ricambiate, sul piano economico, le misure di sostegno che la categoria praticava da secoli su uomini di qualsiasi ceto sociale. Venne alla luce un mondo sommerso dalle dimensioni impreviste, sul quale nessun governo aveva ritenuto opportuno indagare. Il Ministro del lavoro accolse una delegazione e, in accordo con i sindacati, varò un lungimirante piano di parziale riconversione professionale stabilendo di impiegare le squillo, opportunamente agghindate, all’entrata dei supermercati e in prossimità dei bagni. L’offerta era ampia e variegata: infermiere, crocerossine, suore, campagnole, hostess, soldatesse e molte, di dubbia classificazione, guarnite di stivali neri, giubbetto con borchie e frustino. Nelle carceri, in cui la situazione rischiava di esplodere, si provvide con poliziotte in lingerie e manganello ma, poiché i detenuti ravvisarono nella scelta una subdola intimidazione, furono subito sostituite con Cappuccetto Rosso e Heidi.

L’iniziativa si rivelò ben presto controproducente perché i mariti smaniavano per andare a fare la spesa, destando perplessità nelle mogli che non li avevano mai visti così solerti nel disbrigo delle faccende domestiche. A causa delle code lunghissime il governo fu costretto ad adottare provvedimenti di razionamento che, come in tempo di guerra, regolassero la soddisfazione dei bisogni, in questo caso non alimentari. Com’era prevedibile proliferò il mercato nero, con l’incetta e il dilagare del commercio clandestino dei buoni di ingresso. Il comportamento illegale fu però stroncato da operatori specializzati nell’individuare senza fallo i colpevoli, attraverso l’attenta osservazione del portamento stanco, delle spalle curve, dell’occhio vitreo, delle occhiaie e dello sguardo lascivo. I trasgressori furono puniti con multe salate ma l’opposizione, desiderosa di collaborare col governo per il bene comune, si sentì snobbata dal mancato accoglimento della proposta di reintrodurre le antiche pratiche del pubblico ludibrio.

   Trascorsero altre due settimane e le cose cambiarono radicalmente. Il capo della protezione civile tenne la tradizionale conferenza e annunciò, tra la sorpresa generale, che in pochi giorni era stato superato il picco e raggiunto l’incredibile azzeramento dei contagi. L’epidemia era stata debellata.

Ministri, segretari di partito, governatori regionali, sindaci delle grandi città, importanti prelati della curia romana, virologi, immunologi ed epidemiologici si attribuirono il merito della sconfitta del virus.

Per precauzione le misure vennero mantenute per altre due settimane ma poi arrivò l’agognata revoca. Autorevoli sociologi da tempo sostenevano che la terribile esperienza della pandemia avrebbe determinato un forte cambiamento degli stili di vita della popolazione. Per la verità ci furono diverse modifiche, ma non così profonde come si sarebbe pensato.  Le camere e gli ascensori furono rimessi a ferro e fuoco e ricomparvero le prostitute per le strade. Davanti alle case per appuntamenti stazionavano uomini impazienti e incuranti dall’essere scoperti. I centri di massaggi cinesi ripresero una intensa attività e i clienti richiedevano prestazioni sempre più fantasiose. Aumentò in misura esponenziale il fatturato dei siti per incontri occasionali e le relazioni extraconiugali. L’offerta di spettacoli hard on line, si arricchì di un’ondata di casalinghe che, lusingate dal successo dei balconi, intendevano mettere a frutto il formativo tirocinio di quei giorni memorabili.  La gente approfittava di ogni occasione per recuperare il tempo perduto ma dopo qualche mese, passata la sbornia collettiva, molti cominciarono a pensare che quel periodo di quarantena, tutto sommato, non era stato tanto male.

   Nessun cambiamento registrò il fenomeno del turismo sessuale che riprese ad alimentare come prima l’economia dei paesi poveri.