I PERSONAGGI

 

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I personaggi non nascono da un corpo materno come gli esseri umani, bensì da una situazione, da una fase, da una metafora, contenente come in un guscio, una possibilità fondamentale che l’autore pensa nessuno abbia mai scoperto o sulla quale ritiene nessuno abbia mai detto qualcosa di essenziale.

Ma non si dice forse che un autore non può parlare che di se stesso?

Guardare impotenti nel cortile, senza sapere che cosa fare; sentire l’ostinato brontolio della propria pancia nell’attimo dell’esaltazione amorosa; tradire e non potersi fermare sulla bella strada dei tradimenti; alzare il pugno nel corteo della Grande Marcia; esibire il proprio umorismo davanti ai microfoni nascosti dalla polizia; tutte queste situazioni le ho conosciute e vissute io stesso, e tuttavia da nessuna di esse è sorto un personaggio che sia me stesso col mio curriculum vitae. I personaggi del mio romanzo sono le mie proprie possibilità che non si sono realizzate. Per questo voglio bene a tutti allo stesso modo e tutti alo stesso modo mi spaventano: ciascuno di essi ha superato un confine che io ho solo aggirato. È proprio questo confine superato (il confine oltre il qual finisce il mio io) che mi attrae. Al di là di esso incomincia  il mistero sul quale il romanzo si interroga. Un romanzo non è una confessione dell’autore, ma un’esplorazione di ciò che è la vita umana nella trappola che il mondo è diventato.

 

Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere

 

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Milan Kundera a modo suo ci ha spiegato come dev’essere un personaggio.

Ma quali sono i punti fondamentali da seguire?

Partiamo dai fondamenti e azzardiamo la frase: “I personaggi sono, o dovrebbero sembrare, esseri umani.”

Diciamo pure che come noi abbiamo pregi e difetti, è bene che anche i nostri personaggi dimostrino caratteristiche salienti: punti di forza e difetti, lati oscuri.
Spesso pensiamo che essendo personaggi nati dalla nostra fantasia non siano tenuti a essere umani.

È proprio qui che ci sbagliamo!

Non esistono persone sempre uguali a sé stesse… a meno che non siano affette da gravi problemi mentali! Non si cambia umore a ogni frase, sebbene l’umore sia spesso mutevole e affetto da cambiamenti talvolta repentini.

Sì, è vero, in una giornata ci possono capitare mille cose e le cose possono “girare” in infiniti modi, ma non è possibile passare dalla tragedia più cupa all’esaltazione più stolida nella stessa pagina.

Nessun essere umano si comporta così!

Quando da lettori ci imbattiamo in un personaggio, spesso siamo portati a fare le stesse osservazioni che riserviamo alle persone con cui abbiamo a che fare nella nostra realtà. Diventa inevitabile mettere a confronto situazioni fittizie, compiute dai personaggi della storia, con quelle che potremmo vedere nel nostro quotidiano.

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I comportamenti esteriori dei personaggi narrativi, in altri termini, devono essere riconoscibili.

Ma attenzione: riconoscibili non significa prevedibili!

La prevedibilità infatti è sinonimo di noia.

Nella descrizione del personaggio va pertanto delineato con assoluta precisione il lato in luce (l’esteriorità, le qualità visive, percettive, comportamentali che lo rendono riconoscibile) con il lato in ombra (l’interiorità, ciò che non può essere percepito con uno sguardo esterno, la parte nascosta).

Spesso il contrasto fra luce e ombra è all’origine di personaggi memorabili poiché da tale contrasto nasce l’elemento di conflitto interiore che porta il personaggio a trasformarsi, sempre in maniera coerente con la propria natura.