Il piccolo mondo del Portello – Giulia Pretta: la critica letteraria ci propone una recensione del libro di Renato Costa: “La guerra di don Piero”

Padova a cavallo di inizio secolo è un calderone di cambiamenti. In particolare il quartiere del Portello, il grumo di case cresciuto intorno al porto fluviale che consentiva l’accesso in città per chi arrivava da Venezia, è vivace e borbottante. A poca distanza dai signorili palazzi e dal caffè Pedrocchi, l’umanità più varia fatta di mercanti, osti e prostitute vive come in una città a parte. In questo sobborgo comincia la storia di Piero, figlio di Libero Raffaello, socialista mantovano, e di Nina, vera portellana devota a Dio e ai poveri che brulicano nel malfamato quartiere. Piero esce come perfetto miscuglio dei geni migliori dei genitori: intelligente, religioso, attento alle temperature e ai sentimenti politici dell’epoca che oscillano tra l’amor regio e la rivolta proletaria. Entra in seminario e diventa prete. Ma incombono gli anni della Grande Guerra e come caporale/barelliere prima e cappellano militare poi, Don Piero saprà mettere a frutto tutto quello imparato nel cuore pulsante di Padova. Con un occhio sempre rivolto a Sant’Antonio e uno a salvare le sue pecorelle in prima linea, là dove mormora il Piave.

portello
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Le guerre forniscono sempre un ottimo scenario per la narrazione. Nel bene e nel male, tirano fuori la vera natura degli esseri umani e consentono di essere testimoni di atti di grande coraggio, di codardia e di ignavia. La Grande Guerra è poi ammantata di un’aura romantica: considerata da molti come una Guerra d’Indipendenza per l’annessione delle ultime parti “mancanti” al neonato regno d’Italia, evoca le immagini degli assalti di trincea, combattimenti corpo a corpo per la conquista di pochi metri di terreno, per il Re e per la Patria.

Non serve specificare che fu una guerra sporca che mise in campo l’uso delle bombe all’yprite e al fosgene e rovinò una generazione nella mente e nel corpo; per non parlare poi di ragazzi della classe del ’99, buttati in trincea che ancora non erano ragazzi.

La Prima Guerra Mondiale rimanda alle battaglie in montagna combattute dai battaglioni di alpini che, contro gli austriaci di Cecco Beppe, difendevano i regi confini. Il romanzo di Renato Costa ingloba questo pezzo di storia, ma respira in maniera molto più ampia facendo luce sulla fine dell’Ottocento in uno dei quartieri di Padova: il Portello.

Ancora oggi quartiere più popolato da studenti e da bar economici, ha vissuto nel corso degli anni un progressivo processo di riqualificazione: è rimasto vivace e variopinto, sede di festival e manifestazioni lungo il fiume che, da punto di accesso in città, è diventato nucleo di gran vitalità soprattutto nei mesi estivi.

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Con una ricerca storica minuziosa e una ricostruzione impeccabile, l’autore accompagna in questo quartiere sia padovani che foresti: i primi, sovrappongono immagini in seppia a quello che conoscono attualmente della città, gli altri hanno uno sguardo su una città ai margini degli scenari narrativi. Senza pedanteria, la Storia scorre in maniera piacevole, narrando dei movimenti socialisti di inizio secolo e sui sentimenti di neutralità e pacifismo allo scoppio del conflitto, e si mescola al costume con incursioni sulla vita nella saggia Padova.